Omeopatia funziona sugli animali

Omeopatia funziona sugli animali omeopatia.altervista.org

L’omeopatia funziona sugli animali ? Quali rimedi omeopatici si possono usare ? Come rispondono gli animali all’omeopatia ?

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Che l’omeopatia non abbia sull’essere umano un’efficacia superiore al placebo è ormai un dato certo. Omeopatia funziona sugli animali.

Sugli animali, specialmente quelli da allevamento, la scienza non si ancora espressa in maniera definitiva.

Uno studio condotto in Germania e pubblicato di recente su Veterinary Record ha però di nuovo ribadito che non esistono evidenze sufficienti o studi affidabili secondo i quali sia possibile raccomandare rimedi omeopatici nel trattamento o nella prevenzione delle malattie infettive.

Non si tratta solo di “insufficienza di prove”, per usare un termine legale perché, anche quando qualche evidenza sembra essere stata riportata.

L’affidabilità degli studi che le hanno ottenute è stata infatti pregiudicata da difetti sia nella progettazione che nella raccolta di dati.

I ricercatori tedeschi verificano che tutti gli studi sonocondotti in condizioni molto specifiche e quindi non ripetibili in altri esperimenti.

Cosa hanno fatto gli autori di questi studi ?

Gli autori hanno preso in esame 48 ricerche in peer review condotte su bovini, suini e pollame e pubblicate tra il 1981 e il 2014.

Complessivamente si tratta di una quantità considerevole di dati, estratti da 52 trial clinici.

Di questi, 34 sono condotti sui bovini, 12 sui maiali e sei sui sul pollame.

La maggior parte dei trattamenti cercava di ricorrere ad alternative agli antibiotici nella terapia e nella prevenzione delle infezioni batteriche.

In 28 casi gli studi hanno permesso di affermare che l’omeopatia era stata efficace mentre in tutti gli altri casi non è stata registrata alcuna differenza rispetto al placebo.

Gli studi condotti in doppio cieco si sono pronunciati a favore in metà dei casi, con un’altra metà che invece non ha registrato nessun effetto.

Risultati degli studi condotti, Omeopatia funziona sugli animali

La percentuale più rilevante di successo della terapia è osservata nei casi in cui il veterinario sapeva cosa stava somministrando.

Questo, secondo gli scienziati tedeschi, suggerisce che i risultati potrebbero essere stati influenzati.

Inoltre la maggior parte delle indagini era gravata da potenziali conflitti di interesse, esiguità del campione di animali preso in esame.

In più, sempre secondo gli autori, esiste il rischio che siano stati riportati selettivamente solo i dati positivi, ignorando quelli a sfavore della tesi che si voleva dimostrare.

La conclusione del team è stata quindi che gli studi che dovranno essere condotti in futuro avranno bisogno di maggiore accuratezza dal punto di vista scientifico e metodologico.

L’omeopatia funziona davvero sugli animali?

I veterinari che sostengono che l’omeopatia funzioni sugli animali non tengono conto di tutta una serie di evidenze scientifiche. Ecco quali sono.

Questa è una delle classiche argomentazioni utilizzate dai promotori dell’omeopatia, indicando l’assenza dell’effetto psicologico indotto dall’assunzione di un finto trattamento (detto placebo) negli animali, come se gli animali fossero immuni da questo effetto per qualche motivo, non potendo essere suggestionati.

In realtà, le cose stanno molto diversamente.

In veterinaria non si può certo escludere un cambiamento fisiologico determinato da una forma di condizionamento classico.

Pavlov, nei suoi più che noti esperimenti sui cani, fu il primo a descrivere il condizionamento classico, notando come da uno stimolo naturale (per esempio il cibo), ripetutamente associato a uno stimolo neutro (il suono di un campanello), poteva scaturire una risposta condizionata (la salivazione al suono di un campanello).

Meno noto è il fatto che Pavlov condusse anche il primo studio sugli animali sull’effetto placebo condizionato.

In questo studio veniva somministrata morfina in una camera sperimentale e poi si registravano specifiche risposte alla sostanza.

Dopodiché i cani venivano messi nella camera sperimentale senza somministrare morfina ed era come se agli animali fosse stata somministrata.

Effetto placebo sui cani, Omeopatia funziona sugli animali

Più recentemente è stato pubblicato un interessante lavoro scientifico, dove si è descritto che in cani a cui veniva somministrato un placebo.

Ci fosse un consistente calo di crisi epilettiche, rispetto a quelli che non avevano iniziato il trial.

Esistono anche altri fattori ben dimostrati e plausibili degli animali, che condizionano i risultati dell’esperimento, come l’effetto Hawtorne, ovvero come la presenza dell’osservatore influisca sul fenomeno osservato: una maggiore attenzione del proprietario nei confronti del proprio amico a quattro zampe che riceve il trattamento potrebbe effettivamente aiutare l’animale a stare meglio in certi casi.

Potrebbe essere questo il motivo del calo delle crisi epilettiche nell’esperimento sopracitato?

Infine, se possiamo discutere il ruolo delle aspettative nell’animale, dobbiamo tenere presente che il padrone e pure il veterinario sono esseri umani e possono essere certamente suggestionati: hanno una percezione soggettiva del dolore nell’animale, così come della stanchezza e in generale dei cosiddetti sintomi dell’animale.

Se il padrone di un cane crede fermamente che un determinato trattamento funzioni, potrebbe essere indotto a credere che un animale stia meglio e potrebbe leggere i suoi sintomi in maniera differente.

Per questo sono importanti nell’esame clinico anche i cosiddetti “segni”, che sono invece oggettivamente misurabili.

Per capire come stanno le cose, nell’uomo e nell’animale, bisogna dunque eseguire studi rigorosi e soprattutto in doppio cieco.

Quando gli studi sono condotti come si deve, dimostrano come non esista alcuna evidenza che un trattamento omeopatico abbia un’efficacia maggiore rispetto a un finto trattamento.

L’inattendibilità delle testimonianze personali nella scienza

Ma allora: perché ci sono medici veterinari che si ostinano a credere che l’omeopatia funzioni? «Perché con me ha funzionato».

Purtroppo le testimonianze personali e gli aneddoti sono prove che sono usate anche a sostegno di credenze pseudoscientifiche e di fenomeni paranormali, è per questo che rappresentano il livello più basso nella gerarchia dell’evidenza.

Noi veterinari abbiamo un dovere etico: dobbiamo garantire, secondo scienza e coscienza, il diritto dei nostri clienti di ricevere informazioni corrette per quanto riguarda la diagnosi, la prognosi e il possibile effetto del trattamento e dobbiamo rispettare il desiderio dell’animale di stare bene quando possibile e non quello del proprietario di credere che l’animale stia meglio, illudendolo.

Questo significa necessariamente abbandonare l’omeopatia, pratica delle medicine alternative ottocentesca, le cui conoscenze sono rimaste ferme a quei secoli, nel mentre la scienza è andata avanti.

L’omeopatia funziona sugli animali? Omeopatia funziona sugli animali

Il 10 aprile è la giornata dell’omeopatia, e in Italia circa seicento dottori offriranno un consulto gratuito su come utilizzarla nell’ambito di un corretto stile di vita, come forma di prevenzione naturale: sono medici, dentisti, ma anche veterinari.

Una categoria che appare molto interessante da considerare, visto che l’accusa che l’omeopatia si attira più frequentemente è quella di agire solo con l’effetto placebo, ovvero con la forza della suggestione.

Ma quale animale potrebbe farsi «condizionare» psicologicamente nell’assumere una pillola piuttosto che un’altra?

Sicuramente non succede alle mucche, i polli, le capre, le pecore e i suini che Francesca Pisseri, veterinaria di Pisa, cura da 25 anni usando i rimedi omeopatici per curare disturbi come parassitosi, mastiti, problemi respiratori, enteriti nei giovani animali e molto altro.

Se serve, Pisseri usa anche antibiotici e cortisone, ma molto raramente, e questa drastica riduzione è molto positiva non solo per gli animali e il loro benessere, ma per tutto l’ambiente e la salute umana.

Le pecore «omeopatiche»

Il punto centrale dell’omeopatia è riequilibrare il paziente, attivare le sue difese contro le malattie, valutando anche la situazione in cui vive, come mangia, se è stressato, se può esprimere il suo comportamento naturale, se ha corrette relazioni con gli altri.

Il consenso informato

Anche Marco Melosi, presidente dell’Anmvi, associazione medici veterinari, ammette: «Alcuni risultati sugli animali sono evidenti, anche più che in campo umano».

Ma ricorda che «le medicine non convenzionali non fanno parte del programma di studi delle facoltà sia di medicina che di veterinaria» e che «l’omeopatia non è riconosciuta dalla scienza, per esempio i suoi risultati non sono ripetibili, come richiederebbe il metodo scientifico, e possono essere diversi da paziente a paziente».

Quindi più che di «cure» ufficiali, secondo Melosi, «si potrebbe dunque parlare di una pratica che può favorire il benessere degli animali, anche se non riconosciuta dalla scienza».

Come succede in altri casi, dai massaggi alla ozonoterapia e molto altro, si tratta però di attività complementari e non alternative alla medicina ufficiale.

«L’importante -precisa Melosi- è il consenso informato: il veterinario deve informare il padrone del paziente che si tratta di una terapia e di rimedi non riconosciuti dalla scienza ufficiale».

Insomma, il medico, umano o veterinario che sia, può e deve scegliere «in scienza e coscienza», sempre nell’interesse del paziente.

Omeopatia animali e bambini, Omeopatia funziona sugli animali

Se l’omeopatia è solo effetto placebo, come fa a funzionare anche sugli animali o sui bambini?

È una delle obiezioni più comuni quando un omeopata si scontra con la mancanza di effetto evidenziata dagli studi scientifici.

Ma se l’omeopatia fosse un placebo come risulta da qualsiasi studio ben fatto, come mai funziona con gli animali? E sui bambini?

Questi non si fanno “convincere” o condizionare, i risultati evidentemente sono reali.

Chi ascolta questa risposta (e non conosce bene le scorciatoie logiche e verbali) spesso non sa come rispondere.
Cerchiamo allora di capire se l’affermazione che l’omeopatia funziona sugli animali (iniziamo da loro) è vera.

Ma partiamo da lontano.

In Gran Bretagna (dove le cure omeopatiche sono rimborsate dal servizio sanitario nazionale), solo 50 veterinari su oltre 20.000, risultano “omeopati” (lo 0,25%), pochissimi.

Nell’aprile 2005 l’associazione europea dei veterinari emanò un comunicato nel quale sottolineava che in veterinaria devono essere utilizzati metodi scientifici e non altri senza prova di efficacia, inclusa l’omeopatia.

L’uso dei rimedi ultradiluiti negli animali dunque, è poco più di un mito divulgato più dalle aziende omeopatiche che dai medici veterinari.

Chi conosce il trasporto e l’affetto che si può provare nei confronti di un animale, può comprendere come l’aspettativa e l’illusione di prendersi cura del proprio cucciolo siano strumenti potentissimi utili a “guarire” l’apprensione del padrone e, per conseguenza, la malattia passeggera dell’animale.

Altre volte il dichiarare un animale come “guarito” dall’omeopatia risponde soltanto ad un’esigenza di mercato, quella di un pubblico (di nicchia ma sempre presente) che richiede trattamenti “olistici” (termine che non ha alcun significato scientifico) per qualsiasi cosa succeda nella vita, comprese le malattie dei propri animali.

Animali condizionabili e dove trovarli, Omeopatia funziona sugli animali

Che gli animali non siano condizionabili è una sciocchezza, non servirebbero studi scientifici (che comunque esistono) ma la semplice osservazione: non si capisce infatti perchè gli animali non dovrebbero subire l’effetto placebo che è un processo inconscio per definizione e non volontario, per assurdo anzi gli animali potrebbero essere ancora più soggetti agli effetti del placebo anche per un semplice meccanismo di condizionamento.

Se abituiamo il nostro cane ad abbaiare ogni volta che gli mostriamo un cappello, questo non vuol dire che i cappelli causano l’abbaiare del cane, così come se lo addestriamo a darci la zampa dopo un colpetto che gli diamo sulla testa questo non può farci concludere che i colpetti nella testa dei cani causino uno scompenso neurologico che si trasmette tramite il sistema simpatico e si esprime in una contrazione muscolare che fa tendere i muscoli della zampa verso la nostra mano.

Lo abbiamo semplicemente addestrato, condizionato.

Uno dei primi (e più noti) esempi di condizionamento animale è quello di Pavlov.

Non è un caso che l’effetto placebo sembra mediato da una sostanza (si chiama dopamina) che è legata ai meccanismi del piacere e della ricompensa e che le aree cerebrali coinvolte nei risultati del placebo sono quelle più ricche di recettori per questa sostanza, presente anche negli animali.

Sono note risposte evidenti da parte degli animali al semplice effetto placebo: esperimenti hanno mostrato come sia possibile avere una risposta immunosoppressiva addirittura superiore a quella ottenuta con i farmaci (ciclofosfamide) in animali esposti ad uno stimolo di condizionamento ed al placebo o addirittura ottenere un aumento di sopravvivenza al trapianto cardiaco e le prove di questo fenomeno sono evidenti.

Prima leggenda smentita quindi: gli animali sono condizionabili e rispondono perfettamente all’effetto placebo.

Ma qualcuno ha studiato gli effetti dell’omeopatia negli animali?

Certamente e gli studi più raffinati confermano quanto si sa sull’omeopatia: non funziona più di un placebo.

Se l’animale non ha alcuna malattia importante, prendersi cura di lui lo fa “stare meglio”: è più vivace, mangia con appetito, il decorso della malattia è meno violento.

Se invece l’animale ha una malattia incurabile o grave non ci sarà omeopatico capace di guarirlo. Sembra una banalità ma è esattamente quello che succede negli esseri umani.

Ma a proposito di malattie degli animali, recentemente l’attenzione si è concentrata sulle mastiti (infezione delle ghiandole mammarie) delle mucche da latte, infiammazione molto frequente in questi animali costretti a condizioni di vita stressanti e spesso innaturali, l’Unione europea vorrebbe stanziare con due milioni di euro una sorta di esperimento sulle mucche: curarle con l’omeopatia visto che l’uso indiscriminato di antibiotici può essere pericoloso (e questo è vero).

Intuizioni

Su cosa si basi questa geniale intuizione non lo sappiamo, visto che gli studi e le prove mostrano il solito effetto placebo dell’omeopatia nella cura della mastite delle mucche (e non solo in questa, l’omeopatia non funziona nemmeno per altre malattie).

Per essere precisi poi, dovremmo chiedere agli omeopati come facciano a “personalizzare” i rimedi omeopatici (questo è uno dei pilastri dell’omeopatia, che non cura “la malattia” ma “l’individuo”…anche la mucca quindi), di cosa si discute con una mucca? Come si fa a capire il suo carattere?

En passant c’è da dire che l’Animal Welfare Act, l’insieme di leggi che regolano i diritti degli animali negli Stati Uniti, proibisce di utilizzare trattamenti non scientifici nelle cure veterinarie di malattie gravi. Ma le nostre mucche sono europee.

Cura olistica per animali, Omeopatia funziona sugli animali

A prescindere dalla loro provenienza però, si sa che preparati omeopatici nelle mucche da latte, paragonate al placebo non hanno modificato per niente la percentuale di cellule animali nel latte (che sono un segnale del grado di infezione).

L’omeopatia paragonata al placebo ed agli antibiotici ha dato risultati ancora più interessanti.

L’antibiotico funzionava l’omeopatia no (nulla di strano fin qui).

Ma la cosa più interessante è che due terzi degli animali del gruppo omeopatico e del gruppo placebo, sono migliorati clinicamente dopo una settimana allo stesso modo.

Se non avessimo avuto un gruppo di controllo con il placebo la ricerca avrebbe concluso che l’omeopatia funzionerebbe nelle mucche con mastite, la maggioranza di loro in una settimana stanno meglio.

In realtà sono migliorate nello stesso periodo di tempo anche con l’acqua semplice, in parole povere: anche “curare per finta” una mucca la fa migliorare ma non quanto curarla davvero.

E’ uno dei meccanismi di “funzionamento” dell’omeopatia e si rileva anche nell’essere umano.

Se curi un’allergia con l’omeopatia per sei mesi (molte cure omeopatiche sono “casualmente” prolungate nel tempo) è altamente probabile che con i cambi di stagione (ma anche di alimentazione, vita all’aria aperta, contatti, temperature ed abbigliamento) l’allergia migliori o sparisca del tutto.

Anche se non avessimo assunto nulla quindi saremmo “guariti”.

La differenza tra omeopatia e non assumere nulla? Il portafogli molto più leggero e la sicurezza di essere condizionati.

Il continuo riferimento all’omeopatia che funzionerebbe con gli animali quindi non ha alcuna base nè sostegno scientifico.

Lo dicono anche gli omeopati, in una metanalisi (più o meno lo studio che riassume ed analizza le conclusioni degli altri studi sul tema) sull’uso dell’omeopatia in veterinaria: funziona come un placebo.

Tutto questo è casomai un sintomo di quanto siano condizionabili i proprietari più degli animali.

L’omeopatia funziona su di loro, non sui loro amici a quattro zampe: credono di curarli, la malattia a volte passa (quando può risolversi spontaneamente) e loro sono contenti di averli curati.

Lo dice anche un veterinario inglese in una lettera inviata ad un giornale che discuteva proprio dell’argomento: “ogni buon veterinario conosce il potere che possiede nel proprio ambulatorio”.

È lo stesso che possiedono molti omeopati: convincere di curare fa stare meglio, anche se la cura non esiste.

Ma c’è anche un altro argomento simile.

L’omepatia funziona sui bambini, impossibile quindi invocare l’effetto placebo, i bambini non sono suggestionabili.

Fortunatamente non è vero.

Chi è genitore sa che prendersi cura del proprio pargolo è la migliore medicina che esista.

Basta poco: la voce della mamma, qualche carezza ed il decorso delle malattie benigne del bambino scorrono come devono, si autolimitano.

Quando invece la malattia è grave non esiste omeopatico che possa migliorarla o guarirla.

Il difficile in questi casi è curare l’ansia del genitori.

L’effetto placebo sui bambini ha una doppia valenza. Non funziona solo direttamente sul piccolo da curare ma anche su mamma e papà.

La convinzione che si stia facendo qualcosa, che ci si occupi del bambino, che si somministra “un medicinale”, tranquillizza il genitore, lo rilassa e gli fa vivere i disturbi tipici dell’infanzia con molta meno apprensione ed ansia.

E’ per questo che molti medici, di fronte ad una mamma eccessivamente preoccupata o ipocondriaca, prescrivono granuli omeopatici (che come sappiamo sono semplicemente delle caramelline di zucchero) pur di farla sentire più tranquilla.

Provare a curare una malattia grave con l’omeopatia è assolutamente pericoloso. Omeopatia funziona sugli animali

Che i bambini siano particolarmente sensibili all’effetto placebo è notato anche sperimentalmente.

In Francia, un gruppo di ricercatori ha analizzato gli studi sui farmaci antiepilettici.

Negli studi i farmaci sperimentati erano paragonati ad un placebo (per misurarne le differenze di risultato) e ciò che si è visto è che nei vari studi, i bambini più piccoli mostravano più sensibilità (quindi più effetti) al placebo rispetto a quelli più grandi.

In poche parole il placebo, negli studi analizzati, è più efficace (per più del 50%) nei bambini piuttosto che nei ragazzi.

Traducendo quello che ci dicono gli studi scientifici, l’omeopatia è in grado di “curare” ciò che si cura da solo mentre non ha alcuna efficacia nelle malattie ed il colmo è che non è facile trovare risultati nemmeno in patologie di tipo psicosomatico o neurologico che potrebbero trarre vantaggio da un condizionamento psicologico.

La storia dell’omeopatia efficace con i bambini quindi è l’ennesima leggenda diffusa senza alcuna base reale.

In una malattia incurabile per la medicina, l’uso dell’omeopatia ha un solo risultato: maggiori spese.

Anche nei bambini.

Un esempio può essere la cura della dermatite atopica, una patologia della pelle che non ha cure specifiche (quelle disponibili al massimo procurano sollievo dai sintomi o miglioramenti passeggeri) e che guarisce quasi sempre dopo qualche anno dalla comparsa.

La medicina fallisce, l’omeopatia pure ma quest’ultima costa quasi il doppio della prima.

In effetti sarebbe stato piuttosto singolare che l’omeopatia avesse effetti sui bambini e sugli animali senza averne sugli umani adulti, il meccanismo del presunto funzionamento non ha nulla a che vedere con i misteriosi poteri pubblicizzati dagli omeopati, effetto placebo e fede, bastano ed avanzano per convincere il più ansioso dei genitori ed il più ostinato degli allevatori.

Un aneddoto proviene proprio da un veterinario. Un signore gli porta il suo cane per un controllo.

Il povero animale è in brutte condizioni, ferite cutanee, escoriazioni, zone senza pelo.

Il veterinario propone degli esami ma il proprietario del cane non vuole spendere soldi e così il veterinario deve limitarsi ad un esame superficiale ed ad una biopsia cutanea.

Con pochi dati per interpretare la malattia dell’animale, il veterinario le prova tutte.

Prescrive farmaci, trattamenti ma niente, il cane non guarisce.

Il proprietario allora decide di cambiare tattica, annuncia al veterinario che si recherà dal suo omeopata e così sparisce.

Dopo qualche mese il veterinario vede di nuovo cane e padrone.

“Guarda qui che risultati” esclama il signore, tutto merito del mio omeopata che è riuscito dove tu non hai saputo ottenere nulla. Il veterinario resta stupito: il cane aveva un aspetto pessimo, sicuramente peggiore di quando lo aveva controllato la prima volta.

Restò senza parole.

Concluse così che pur se il cane non era migliorato, per il suo proprietario lo era e questo era sufficiente a renderlo soddisfatto, per lui era guarito.

Questo fenomeno è comunissimo (qui altri casi raccontati dal veterinario di prima) e capita a tutti i medici, parecchie volte.

Convincersi di essere migliorati, chiudere la porta alla realtà (dura) e preferire una rassicurante “guarigione virtuale” che oggettivamente non esiste.

Quando si ha una malattia serve una medicina, quando la malattia non ha cure non sarà certo l’omeopatia a cambiarne il decorso.

L’appello quindi è sempre valido: non utilizzate prodotti omeopatici per curare le malattie.

Se amate questa pratica per qualsiasi motivo (rilassante, tranquillizzante, emozionante) e non state davvero male, siate liberi di spendere tutti i soldi che volete, in questi casi l’unico effetto collaterale conosciuto è il portafoglio che perde di consistenza.

Fatevi furbi comunque, basta comportarsi esattamente come il proprietario della più grande azienda omeopatica al mondo, Christian Boiron, che quando ha una malattia si cura con farmaci veri.

L’omeopatia veterinaria funziona davvero?

In veterinaria l’omeopatia è definita come un metodo terapeutico per prevenire, curare e alleviare malattie negli animali, usando farmaci omeopatici.

L’omeopatia funziona davvero sugli animali ?

L’omeopatia è un tipo di medicina alternativa che viene usata per curare vari disturbi.

Negli ultimi tempi, per la cura degli animali domestici, si sta facendo spazio anche la corrispettiva omeopatia veterinaria.

L’obiettivo è aiutarvi a capire di cosa si tratta, per poter prendere la decisione giusta quando sceglierete una cura per il vostro cane o gatto.

Cos’è l’omeopatia veterinaria?

L’omeopatia veterinaria è definita come un metodo terapeutico per prevenire, curare e alleviare malattie negli animali, usando farmaci omeopatici.

Come forse sapete, questi farmaci sono venduti con un presunto enorme vantaggio rispetto alle normali medicine.

Produrrebbero solamente benefici nel trattamento delle patologie, senza innescare effetti indesiderati né interferire con altri medicinali.

Su cosa si basano i medicinali omeopatici veterinari?

Fu Hahnemann il principale promotore dell’omeopatia e basava il suo uso sulla convinzione che le malattie dovessero essere trattate con elementi che causavano gli stessi sintomi.

Secondo l’omeopatia classica, un morso di serpente deve essere trattato con veleno.

Tuttavia, questo tipo di prassi era pericolosa, così Hahnemann decise di iniziare a diluire gli elementi in acqua distillata, a tal punto che la quantità diventava minuscola e innocua.

Questi farmaci non presentavano controindicazioni e erano del tutto sicuri.

Insomma la cura omeopatica si riduceva a qualcosa di molto simile a bere un bicchier d’acqua. Può quindi sorprendere che possa avere dei reali benefici sugli animali.

Il problema è che, a volte, gli elementi usati per produrre farmaci per l’omeopatia veterinaria sono davvero surreali.

Sono usate luci di lampadine, di saturno, cispe, persino polvere del muro di Berlino che, a quanto pare, è efficace contro l’ansia da separazione.

E tutti supportati da emeriti divulgatori scientifici.

L’omeopatia veterinaria è acqua?

Come abbiamo detto prima, questa medicina si basa su diluizioni estreme.

Nessun apparato scientifico è in grado di rilevare alcuna molecola di agente curativo nei prodotti dell’omeopatia veterinaria.

Per darvi un’idea, 1CH è l’unità di diluizione omeopatica di base, in cui il 99% del farmaco è acqua.

Ebbene, considerate che i medicinali omeopatici utilizzano diluizioni superiori a 7CH.

Vale a dire, immaginate di prendere un cucchiaino di dessert con bevanda e di gettarlo in un litro d’acqua.

Mescolate il tutto e, da quel litro, prendete un altro cucchiaino e ripete il ​​processo per sette volte.

Fino a che anche il più avanzato sistema di misurazione molecolare non è in grado di trovare nulla.

Ecco perché secondo la scienza ufficiale, l’omeopatia è “un’acqua molto costosa”.

L’omeopatia veterinaria è pericolosa?

Molti si chiedono come sia possibile che le medicine dell’omeopatia veterinaria e umana non abbiano effetti collaterali.

È sorprendente che i sonniferi omeopatici non abbiano effetti negativi sulla guida, come invece le medicine tradizionali.

Dovrebbero esserci delle controindicazioni tipiche per determinati composti farmacologici, è inevitabile.

Ma è anche sorprendente scoprire che ci sono effetti secondari in omeopatia, ma principalmente causati dagli eccipienti.

Cioè quegli elementi che non sono curativi. Ad esempio, a sostanze che permettono di rendere solidi i composti o anche aromi che possono causare reazioni negative o allergie.

Alcuni sostengono che l’omeopatia sia addirittura pericolosa, sia a causa delle reazioni allergiche che può provocare, sia perché l’omeopatia veterinaria sostituisce cure la cui efficacia è scientificamente provata.

L’omeopatia funziona davvero sugli animali ?

È una buona domanda, perché anche gli omeopati concordano sul fatto che non è possibile trovare sostanze diverse dall’acqua nelle diluizioni omeopatiche.

Quindi, la semplice assenza di qualsiasi elemento mette in dubbio che possa servire a qualcosa.

Eppure, ci sono ancora molti casi di persone che affermano di essere guarite con l’omeopatia.

O anche di proprietari felici perché i loro animali domestici sono stati salvati scegliendo questa medicina quasi “miracolosa”.

Occorre chiarire che le malattie hanno cause diverse e che in molti casi un farmaco non è sufficiente.

Ad esempio, i veterinari non solo raccomandano farmaci per problemi urinari, esiste anche una dieta raccomandata per un cane con insufficienza renale che deve accompagnare l’uso dei farmaci prescritti dallo specialista.

Ecco perché, quando si è di fronte a una cura di omeopatia veterinaria, occorre capire se il veterinario ha raccomandato anche altri trattamenti.

Non si può dire che l’omeopatia veterinaria funzioni contro l’obesità, se avete costretto il vostro cane a fare una vita meno sedentaria, riducendo o migliorando la sua dieta…

Uno degli argomenti principali contro l’omeopatia è l’effetto placebo, che è ampiamente descritto in letteratura.

Fondamentalmente, è un miglioramento nel paziente a cui viene dato qualcosa che crede sia un farmaco, ma non ha alcun effetto.

L’omeopatia veterinaria per funzionare sugli animali ha un effetto placebo?

Sebbene non si sappia ancora con certezza come funzioni l’effetto placebo, in ogni studio sui farmaci viene preso in considerazione e vengono effettuati test proprio con esempi di placebo per differenziare i risultati “psicologici” da quelli reali.

Il cervello pensa di essere guarito, cosicché l’organismo genera sostanze in grado di ridurre il dolore e mascherare i sintomi.

Ci sono diversi studi che hanno dimostrato che gli effetti dell’omeopatia sono un effetto placebo, tuttavia, c’è stato anche un miglioramento documentato negli animali, che probabilmente non capiscono cosa sono i farmaci.

È questa la prova definitiva che l’omeopatia funziona?

La verità è che la maggior parte dei report che cercano di dimostrare l’efficacia dell’omeopatia veterinaria sono basati su sensazioni del veterinario o del proprietario dell’animale domestico.

Generalmente sono giudizi soggettivi o, più semplicemente, si cerca di fare affidamento sull’omeopatia per vedere miglioramenti irreali ma che fanno comodo al proprio benessere emotivo.

Se vi chiedessimo se il vostro cane sta meglio, la vostra risposta sarebbe motivata dalle emozioni e non da un’analisi di tipo scientifico.

D’altra parte, su molte malattie agisce il sistema immunitario stesso con l’aiuto di interventi esterni che favoriscono la guarigione, come abbiamo visto nel caso dell’obesità.

Anche così, i fallimenti dell’omeopatia veterinaria sono molto numerosi e suggeriscono di scegliere sempre e solo i medicinali scientificamente testati.

Bisogna credere nell’omeopatia veterinaria?

Analizzando pro e contro di questo tipo di terapie, la scelta più sicura per i vostri animali domestici è quella di fare affidamento sulla medicina tradizionale.

Sicuramente ha i suoi difetti, ma almeno si basa sulla scienza e su un reale miglioramento clinico.

Vi raccomandiamo sempre di consultare e chiedere consiglio al veterinario, unico in grado di prendere decisioni obiettive circa la salute di un animale. Alcuni specialisti potrebbero suggerirvi l’omeopatia.

In tal caso, è consigliabile ascoltare un secondo parere.

E non scordate il giro d’affari che esiste attorno all’omeopatia.

Un ulteriore elemento che deve far riflettere, quando si sceglie un tipo di cura alternativo per il proprio animale domestico.

C’è spazio per l’omeopatia in veterinaria?

Molte cliniche affiancano un omeopata agli altri specialisti, eppure mancano solide prove scientifiche.

Secondo il Royal College of Veterinary Surgeons l’omeopatia non può sostituire le terapie validate, ma solo affiancarvisi.

Dal veterinario di fiducia ci aspettiamo molte cose.

Deve essere competente e aggiornato, avere a cuore il benessere dei nostri animali domestici, non sottoporli a trattamenti inefficaci o inutilmente dolorosi e saperci consigliare al meglio soprattutto nei momenti più critici, quando siamo meno lucidi di fronte a un amico a quattro zampe che soffre.

E che, a differenza di un essere umano, non può dirci se la terapia che gli facciamo seguire sta aiutando o meno.

È in questo contesto che il dibattito sull’utilizzo dell’omeopatia in veterinaria si fa controverso.

Proprio come non esistono prove convincenti dell’efficacia dei rimedi omeopatici su di noi, dove il massimo che troviamo è un effetto placebo, lo stesso accade per gli animali domestici.

Eppure sempre più cliniche si avvalgono – a fianco di specialisti come il fisioterapista, l’esperto di animali esotici o il neurologo – anche di un veterinario che pratica medicine “non convenzionali” come omeopatia, medicina tradizionale cinese, floriterapia o simili.

Sia quando i farmaci veterinari non sono riusciti a guarire un animale, sia andando a sostituire del tutto i trattamenti scientificamente provati.

Gli ultimi sviluppi sull’omeopatia funziona per gli animali

Nel 2016 una petizione su change.org ha attirato l’attenzione sul tema dell’omeopatia in veterinaria; oltre mille veterinari del Regno Unito firmarono per chiedere al Royal College of Veterinary Surgeons (RCVS) che fosse vietata la prescrizione di rimedi omeopatici agli animali.

La risposta fu che era difficile “prevedere una qualsiasi giustificazione” per un divieto. “Pensiamo che i veterinari di oggi dovrebbero offrire la medicina del 21esimo secolo”, commentava amareggiato alla BBC Danny Chambers, veterinario del Devon che aveva dato il via alla petizione.

“È stato dimostrato che l’omeopatia non funziona, perciò probabilmente non dovrebbe essere più proposta, anche quando le intenzioni sono buone”.

Alla fine del 2017, dopo un’attesa consultazione sull’etica dell’utilizzo di medicine alternative e omeopatia in veterinaria (e una seconda petizione), è però arrivato il position statement del corpo regolatore britannico.

Non si tratta di un divieto ma ha concluso quanto molti si aspettavano: l’omeopatia non ha basi scientifiche.

“L’omeopatia esiste senza prove riconosciute che ne giustifichino l’utilizzo.

Per di più non si basa su principi scientifici solidi.

Per tutelare il benessere degli animali consideriamo questi trattamenti come qualcosa di complementare e non alternativo ai trattamenti”.

Si è espresso così il RCVS, aggiungendo che “è vitale proteggere il benessere degli animali affidati alle cure della professione veterinaria e la fiducia che il pubblico ripone nella professione affinché nessun trattamento privo di evidenze riconosciute o solidi principi scientifici vada a sostituire o ritardare quelli che ne hanno”.

In veterinaria come sui pazienti umani, omeopatia funziona ?

Nell’omeopatia in veterinaria i rimedi sono proposti con lo stesso approccio di quelli umani, ovvero come alternative naturali ai farmaci, sicure ed economiche, che non procurano stress all’animale come farebbe un medicinale ma lo curano nella sua globalità, con un approccio definito olistico e sempre secondo il principio Similia similibus curentur, ovvero “il simile cura il simile”.

Vari studi hanno già confrontato i risultati ottenuti con la somministrazione di placebo o rimedi omeopatici, ottenendo ben poco anche se si guarda alla letteratura più recente: nessuna sostanziale differenza ad esempio per il trattamento dell’ipertiroidismo nei gatti o della mastite nelle vacche.

L’omeopatia in veterinaria è molto usata sugli animali da allevamento ma il suo utilizzo è assai controverso; nel 2016 una revisione condotta su 52 studi tra vacche, pollame e suini ha concluso che “l’utilizzo attuale dell’omeopatia non può vantare una sufficiente validità prognostica in termini di efficacia.

Se l’obiettivo è un elevato successo terapeutico nei trattamenti, il potenziale dell’omeopatia nel sostituire o ridurre l’utilizzo di antibiotici.

Se per il ricorso all’omeopatia tra umani abbiamo un quadro abbastanza chiaro (in Italia ad esempio la si usa soprattutto nel Nord-Est e la scelgono persone che provengono da contesti socio-culturali elevati) con gli animali la situazione non è così differente.

Molti padroni che usano l’omeopatia su di sé la scelgono anche per i propri pet, come accade con la dieta vegetariana, ma c’è anche chi vi ricorre come ultima speranza quando non riesce ad arrendersi all’idea di perdere il proprio animale.

Lo sa bene chi ha avuto la sfortuna di trovarsi di fronte a patologie incurabili e frequentare forum e gruppi per avere sostegno o consigli sulla gestione quotidiana del proprio pet, per aumentare anche di poco la sua qualità della vita.

Nel caso dei gatti, e questa è un’esperienza personale, non è raro veder proposte le medicine alternative per la FIP (peritonite infettiva felina), una patologia incurabile e ancora relativamente rara causata dalla mutazione del coronavirus felino.

La progressione della malattia è terribile e di fronte al senso d’impotenza molti proprietari di animali si rivolgono all’omeopatia veterinaria, disperatamente alla ricerca di qualcosa di “naturale” che aiuti il proprio gatto, sottoponendolo in realtà a ulteriori terapie inefficaci.

Un approccio controverso, omeopatia funziona davvero sugli animali ?

In un articolo di qualche tempo fa l’American Veterinary Medical Association riporta l’esperienza in omeopatia veterinaria di Monique Maniet.

Maniet pratica anche l’agopuntura su animali da affezione e usa l’omeopatia soprattutto su quelli più giovani, perché “non sono stati scombussolati troppo da anni di farmaci, prevenzione della dirofilariosi, eccessiva vaccinazione e via dicendo”.

E la loro forza vitale, aggiunge, è ancora forte, dunque “la risposta all’omeopatia è molto più rapida. Se hai un cane molto più anziano e che già assume farmaci la reazione sarà decisamente più lenta e le persone non hanno la pazienza per gestirlo”.

Una pazienza che richiede anche il “non precipitarsi al pronto soccorso per sopprimere quello che la forza vitale sta esprimendo”, ha aggiunto Maniet.

Ovvero non bisogna fare nulla se non attendere quando un rimedio omeopatico (non) sta agendo e, in assenza di antidolorifici, l’animale sta evidentemente soffrendo.

Questo tipo di farmaci (Maniet menziona il Rimadyl) non sono un’opzione affiancabile al trattamento omeopatico.

Nuovamente ci si chiede: possiamo davvero dire, come per gli umani, che se i rimedi omeopatici non fanno bene non fanno neanche male?

Come si concilia una posizione come quella del RCVS con un approccio come quello di Maniet, secondo il quale le terapie validate non possono essere combinate ai rimedi omeopatici?

Dipende da molte cose e stabilire che qualcosa “non fa male” è difficile, soprattutto quando un animale la cui salute è nelle mani del suo padrone non sta ricevendo cure adeguate o le riceve in ritardo.

Anche pagare per terapie non validate, potremmo dire, bene non fa. Omeopatia funziona sugli animali.

Secondo quanto riporta Chris Tufnell, vice-presidente senior del RCVS, la situazione menzionata da Maniet non è affatto rara: in questi casi gli animali domestici vengono spesso lasciati in preda al dolore, proprio perché i proprietari non danno loro gli antidolorifici ma somministrano le alternative omeopatiche.

Tra 2016 e 2017 la AVMA ha delegato a due gruppi di esperti la valutazione della letteratura a disposizione, per arrivare a queste conclusioni: gli studi che riportano di aver ottenuto benefici con prodotti veterinari omeopatici erano aneddotici o imprecisi nella progettazione o nell’analisi dei dati.

Eppure secondo molti veterinari omeopati non c’è patologia trattata con farmaci e terapie “convenzionali” che non possa esserlo anche con rimedi omeopatici, il che vale anche per il cancro.

Nosodi ed effetto placebo

In molti casi nell’omeopatia in veterinaria le vaccinazioni vengono sconsigliate, anche quelle obbligatorie per legge, e sostituite dalla raccomandazione dei nosodi.

Si tratta di preparati usati anche nell’omeopatia umana e che vengono ottenuti a partire da materiale patologico: agirebbero come i vaccini, ma attraverso un meccanismo differente che “sensibilizza il corpo” e lo porta a reagire velocemente all’esposizione naturale.

Secondo Tufnell si tratta di una pratica pericolosa nella quale i vaccini vengono sostituiti da “pillole zuccherate” e la conseguenza è che molti animali muoiono per patologie curabili ma che non vengono trattate adeguatamente, come la parvovirosi canina.

Un altro aspetto legato all’omeopatia in veterinaria è che, secondo molti veterinari che la praticano, sugli animali non si verifica il potentissimo effetto placebo.

Ovvero, se un essere umano mangia una caramella convinto che sia un farmaco è possibile che la sua salute migliori grazie a quella caramella, anche se non contiene nessun principio attivo, ma per un cane, una mucca o un gatto non accadrebbe nulla di simile.

In realtà molti scienziati sono di parere diverso, anche se il concetto di placebo si amplia parecchio:

in un bell’articolo su BBC del 2016, la giornalista Martha Henriques ha fatto il punto sugli studi già condotti e mostrato che in alcuni casi l’effetto placebo sembra esserci eccome. Anche se spesso ha più a che fare con l’atteggiamento dei padroni degli animali che con gli animali stessi, i quali vengono però influenzati.

Eccezionalmente curiosa è la storia di un cavallo cui erano stati dati degli integratori (molto diffusi in ambito equestre anche quando gli animali non hanno carenze di sorta) durante uno studio per valutarne l’efficacia: nel corso del tempo la proprietaria vedeva il cavallo diventare più forte, agitato, al punto che non era più in grado di controllarlo.

Fino a quando ha ritirato il cavallo dallo studio e, gradualmente, l’ha visto ritornare alla normalità.

Un solo dettaglio: l’animale aveva ricevuto il placebo e non gli integratori che, precisa Ellen Kienzle, veterinaria e coordinatrice dello studio, in questo caso sono praticamente la stessa cosa.

Omeopatia e allevamenti: mancano le prove di efficacia

L’omeopatia è il credo anti-scientifico secondo cui una sostanza in grado di provocare i sintomi simili a quelli di una malattia è, una volta diluita, in grado di combattere o prevenire quella malattia.

Più è diluita la sostanza e più, secondo i sostenitori di questa pratica, è intenso l’effetto.

Spesso la diluizione è talmente spinta che il rimedio omeopatico risultante è privo delle molecole della sostanza originale.

Nulla di tutto questo ha senso per la scienza, e infatti gli esperimenti finora eseguiti indicano nel complesso un’efficacia pari a quella di un (altro) placebo.

Per questi motivi recentemente la Federal Trade Commission in Usa ha imposto ai produttori di pozioni omeopatiche negli usa di indicare chiaramente in etichetta l’assenza di prove scientifiche.

In altri paesi, come la Gran Bretagna, da tempo si discute invece se escludere questi rimedi tra quelli a carico del servizio sanitario nazionale.

L’omeopatia è utilizzata anche in veterinaria:

questo permette agli omeopati di affermare risoluti che l’omeopatia funziona perché non può trattarsi solo di effetto placebo, ma si tratta di un’affermazione totalmente infondata.

Da una parte, il placebo sugli animali esiste, eccome. Omeopatia funziona sugli animali.

Dall’altra studi scadenti possono facilmente mostrare un effetto che non c’è, sia su esseri umani che su altri animali, con o senza il contributo dell’effetto placebo.

Lo status di pseudoscienza dell’omeopatia non è mai stato in discussione, ma dal momento che esistono moltissimi studi che la riguardano, è comunque necessario esaminare queste ricerche nel loro complesso per guidare le scelte dei medici e dei policy maker che vogliono basarsi sulle prove di efficacia.

Per quanto riguarda gli esseri umani, i risultati delle revisioni sistematiche sono tombali: se l’omeopatia è ancora praticata, anche in contesti pubblici, non è per mancanza di consenso scientifico sulla sua inefficacia nel trattamento di qualsiasi condizione.

Anche in ambito veterinario stanno ora cominciando a uscire le prime revisioni sistematiche.

L’argomento è di particolare interesse per la salute pubblica: gli allevamenti stanno cercando di ridurre l’utilizzo di antibiotici e per questi motivi diversi allevatori si sono rivolti all’omeopatia.

Questo mese su Veterinary Record, rivista della British Veterinary Association, è uscita una revisione sistematica che ha analizzato gli studi condotti dal 1981 a al 2014 con l’obiettivo di stabilire quale fosse lo stato delle prove di efficacia per l’utilizzo dell’omeopatia negli allevamenti zootecnici.

I medici veterinari Caroline Doehring e Albert Sundrum (Università di Kassel, Germania) hanno incluso 48 pubblicazioni peer-reviewed (33 su riviste di settore, 15 tesi di dottorato) per un totale 52 trial clinici (34 su bovini, 12 su maiali, 6 con pollame).

Gli studi clinici non sono tutti uguali. In un trial clinico randomizzato (Rct) i partecipanti sono assegnati casualmente al gruppo sottoposto al trattamento e a quello di controllo (che riceverà il placebo).

Se lo studio è in cieco il paziente non sa se sta ricevendo il placebo; nel caso degli studi animali è chi somministra il trattamento a essere all’oscuro della sua natura.

Se invece lo studio è in doppio cieco, nemmeno i ricercatori conoscono la composizione dei gruppi prima della fine della raccolta dei dati.

Come spiegano gli autori di questa revisione, il trial clinico randomizzato in doppio cieco è generalmente considerato il gold standard perché permette di ridurre i pregiudizi che potrebbero inconsciamente condizionare l’analisi.

Complessivamente circa la metà dei lavori esaminati riportano risultati positivi per l’omeopatia, in particolare se usata in funzione preventiva, ma come mostrato dal grafico la presunta efficacia aumenta man mano che ci si allontana dal gold standard: in altre parole è più facile che l’omeopatia funzioni in uno studio osservazionale (dove non ci sono esperimenti) che in un trial clinico randomizzato in doppio cieco.

I ricercatori fanno poi notare che la maggior parte dei paper era stata pubblicata su riviste dedicate specificatamente all’omeopatia e ad altre pratiche alternative, solo una manciata erano presenti nella letteratura scientifica.

Diversi omettevano poi informazioni essenziali come la natura del rimedio omeopatico, la sua potenza di diluizione e il tipo di somministrazione, rendendo i risultati non replicabili.

Non c’è stato nemmeno un tentativo di ripetere uno studio che aveva dato risultati positivi, vanificando ogni speranza di poter generalizzare i risultati.

Doehring e Sundrum misurano bene i termini e scrivono che l’efficacia potenziale dell’omeopatia in certe condizioni non può essere esclusa dall’analisi, ma al momento non esistono prove che rendano il suo utilizzo consigliabile per gli allevatori rispetto a rimedi scientificamente validati come gli antibiotici, senza per questo giustificare il loro abuso ampiamente documentato.

Curare cani e gatti con l’omeopatia si può. E i risultati sono ottimi. Ma dimentichiamo il “fai da te” e scegliamo sempre un veterinario specializzato.

Veterinaria Omeopatia

Ormai da anni l’omeopatia è usata in veterinaria con ottimi successi ed è una delle cosiddette medicine complementari più affermata e conosciuta.

Queste si caratterizzano per il rispetto della concezione globale dell’essere e la loro azione è volta non solo al riparo dell’organo ammalato, ma al riequilibrio dell’intero organismo.

L’omeopatia veterinaria è una disciplina relativamente giovane rispetto alla conosciutissima omeopatia umana e sta iniziando in questi ultimi anni ad aprirsi una strada per la cura e la prevenzione della malattie dei nostri amici a quattro zampe.

Il rimedio omeopatico può essere somministrato facilmente ai piccoli pazienti. Omeopatia funziona sugli animali.

Il fondatore della medicina omeopatica fu Samuel Hahnemann, medico, farmacista, chimico alchimista e conoscitore di moltissime lingue.

Aveva circa trent’anni quando abbandonò la sua brillante attività di medico per dedicarsi allo studio e, basandosi su scritti ippocratici e stimolato dalla conoscenza della materia medica di un medico scozzese del Diciottesimo secolo – il dottor Cullen -, iniziò a sperimentare la possibilità di curare attraverso la cosiddetta legge dei simili. Nel 1810, in Germania, Hahnemann diede alle stampe “l’Organon di Medicina”, in cui proponeva per la prima volta un metodo terapeutico alternativo a quello tradizionale.

Da allora la sua ricerca fu continua e lo portò ad affinare sempre più la sua tecnica medica e a dare una solidissima base a quella che lui stesso chiamò omeopatia.

La sua opera venne poi ripresa, sviluppata e approfondita dal medico americano James Tyler Kent, nato nel 1843. Il suo immenso lavoro è ancora lo strumento principale che permette al medico omeopata dei giorni nostri di prescrivere il giusto rimedio.

L’omeopatia per cani e gatti si sta rivelando sempre più una scelta vincente.

L’utilizzo dell’omeopatia in campo animale ha confutato l’ipotesi dell’effetto placebo, spesso usato dai detrattori di questa disciplina per contestarne i risultati.

Gli animali, infatti, non possono sapere di essere sottoposti a una terapia e non possono, quindi, convincersi di eventuali effetti benefici e miracolosi.

Nel mondo a quattro zampe l’omeopatia è usata per curare sia patologie acute che croniche: dalla tosse ai reumatismi, passando per l’artrosi e le malattie dermatologiche, le allergie e le intolleranze.

È importante, in questi casi, vagliare accuratamente lo stato della malattia da affrontare e adeguare la cura omeopatica di conseguenza.

L’omeopatia può, infatti, essere utile sia nel rallentare l’evoluzione della patologia preesistente, sia per lo svolgimento di un’efficace azione di contrasto”.

La forza vitale

Secondo la dottrina omeopatica, infatti, l’organismo (sia umano che animale) è animato da un’energia, o forza vitale, che scorrendo armoniosamente al suo interno ne assicura lo stato di salute.

“Al contrario la malattia deriva da uno squilibrio della forza vitale stessa e si manifesta esternamente con funzioni e sensazioni anomale (segni e sintomi) che sono interpretati dal medico omeopata come spie di un disagio profondo.

In sintesi, l’omeopatia tende ad agire in maniera globale, mentre la medicina tradizionale o allopatica in maniera sintomatica”.

Caratteristica fondamentale dei rimedi omeopatici è l’alto livello energetico che si ottiene mediante un processo di diluizione (per le sostanze madri liquide) o per triturazione (per quelle solide).

Tale metodo si basa su un antico principio alchemico, solve et coaugula, per il quale la sostanza base viene diluita in parti di 10 (D), di 100 (CH) o di 50.000 (LM o Q).

“Il grado di potenza del rimedio omeopatico prescritto per la cura dipende dal livello energetico del paziente e dalla profondità dell’azione voluta”.

I rimedi omeopatici non dovrebbero mai essere mescolati al cibo del paziente a quattro zampe, perché la loro efficacia ne risulterebbe compromessa.

“La cura omeopatica andrebbe effettuata almeno mezz’ora prima o dopo il pasto. I granuli (o i globuli o le compresse) possono essere dati direttamente in bocca così come sono, o sciolti in pochissima acqua e poi somministrati delicatamente con una siringhetta di plastica (senza ago!)”.

Anche per quel che riguarda le cure omeopatiche veterinarie andrebbe evitato il fai da te.

E il consiglio del medico veterinario con una competenza e una formazione specifica diventa, perciò, basilare.

Omeopatia per cani

Omeopatia per cani: una pratica naturale

L’omeopatia è una delle pratiche naturali più popolari anche tra molti padroni di animali e si rifà al principio della somiglianza: una determinata malattia deve essere curata con la sostanza che l’ha causata.

Molto discussi sono applicazione ed efficacia: i più critici affermano la mancanza di validità scientifica degli studi esistenti e sono certi dell’effetto placebo, mentre i favorevoli ne evidenziano gli effetti dolci e olistici.

Nei seguenti paragrafi daremo un piccolo sguardo alla pratica omeopatica sui cani.

Ricorda però che prima di utilizzare medicinali omeopatici su animali malati è necessario consultarsi con il proprio medico veterinario.

Non sostituire mai un medicinale prescritto dal medico con uno omeopatico! Omeopatia funziona sugli animali.

L’omeopatia per cani come alternativa?

Il medico tedesco Samuel Hahnemann è colui che ha capito ed esposto i meccanismi curativi dell’omeopatia.

Alla fine del XVIII secolo infatti ha scoperto che un particolare rimedio per la malaria, in diverse diluizioni, causava effetti curativi da un lato e dall’altro effetti simili alla malattia stessa.

Hahnemann sospettava che il principio fosse ugualmente applicabile agli animali, ma non dimostrò questa idea. Omeopatia funziona sugli animali.

Medici e farmacisti di tutto il mondo hanno continuato a sviluppare questo approccio e hanno scoperto nuovi rimedi e identificato diluizioni.

Uno sguardo olistico al paziente

L’omeopatia classica si rivolge sempre al paziente come un individuo e questo sta a significare che, prima di sottoscrivere un medicinale, il medico olistico o il veterinario abilitato svolgono delle indagini approfondite e determinano le circostanze della malattia anche con alcune domande.

Questo metodo di approccio alla malattia è spesso poco conveniente in termini economici e di tempo, ma secondo i favorevoli all’omeopatia offre una diagnosi e una cura specifiche per l’individuo.

Tuttavia, esistono anche alcuni preparati in commercio specifici per diversi quadri clinici, con i quali si cerca di abbattere la malattia con i loro effetti. In caso di malattie acute questi preparati costituiscono un’alternativa, anche se è sempre necessaria una visita da un esperto per trovare la cura più idonea.

Facile da somministrare, omeopatia funziona per gli animali?

Alla base dell’omeopatia c’è il concetto “il simile viene curato con il simile”, da qui il nome stesso della disciplina, che significa “dolore simile”.

A partire da ingredienti quali il veleno di ape, serpente o gli stessi agenti patogeni si possono creare medicinali omeopatici.

Un esempio utile sono le diluizioni di belladonna, utilizzate spesso nei cani per aiutare ad abbattere infezioni febbrili o irritazioni.

Il medicinale viene solitamente somministrato in globuli trasformati (globuli di zucchero del latte), che possono essere posizionati direttamente sulla lingua del tuo cane, e hanno un gusto particolarmente dolce.

Se non riesci a somministrarglieli così, puoi anche scioglierli in acqua o utilizzare una soluzione iniettabile di gusto neutro, da inserire in una siringa di plastica senza ago e da somministrare per bocca.

Di norma, i cani di piccola taglia hanno bisogno da tre a cinque globuli, quelli grandi da cinque a dieci alla volta.

Per la frequenza delle somministrazioni ti consigliamo di rivolgerti al tuo veterinario di fiducia.

Fiori di Bach

I fiori di Bach sono un metodo curativo alternativo e vengono anch’essi diluiti secondo le dosi omeopatiche.

Questo metodo è stato sviluppato dal dott. Edward Bach, il quale credeva che stati mentali disarmonici potessero essere causa di alcune malattie.

Bach conosceva gli studi di Hahnemann e i suoi insegnamenti in omeopatia.

Alla ricerca di un rimedio economico che avesse effetti positivi anche sugli squilibri mentali, trovo tutto ciò di cui aveva bisogno nelle piante britanniche, dalle quali creò le “miscele di fiori di Bach”.

Queste si hanno effetto sulle potenziali cause psicologiche della malattia o sui problemi comportamentali.

Tra i rimedi più noti troviamo i rescue remedy, una miscela di fiori altamente diluita che si dice abbia un effetto equilibrante in situazioni di stress.

Queste possono essere utili nei cani in caso di trasloco o volo aereo. Omeopatia funziona sugli animali.

Ci sono anche miscele su misura per l’aggressività, il dolore, ecc. I veterinari olistici usano sia i rimedi omeopatici classici che i fiori di Bach, dato che in alcune malattie hanno un maggior effetto se combinati.

Sali di Schüssler

Il dottor Wilhelm Heinrich Schüßler, che aveva ampiamente manifestato il suo interesse verso gli insegnamenti dell’omeopatia, è partito dal presupposto che molte malattie potevano essere causate da uno squilibrio nel bilancio dei sali minerali.

I sali di Schüssler rientrano nei rimedi omeopatici, ma non nell’omeopatia classica come i fiori di Bach. Omeopatia funziona sugli animali.

L’effetto dei sali, costituiti da minerali endogeni, è anche adattato da una forte diluizione all’organismo malato.

Negli animali i sali di Schüssler vengono utilizzati principalmente per i problemi articolari del cane, per esempio come terapia complementare per l’osteoartrosi.

Vengono usati anche in caso di problemi a pelle e pelo.

I sali di Schüssler possono essere somministrati sotto forma di compresse, sciolte in acqua e somministrate con una siringa monouso direttamente in bocca. Omeopatia funziona sugli animali.

Come trovare un esperto in omeopatia per cani

L’omeopatia viene oggi spesso promossa da medici dalla dubbia professionalità o da presunti naturopati senza alcuna formazione specializzata.

Quando scegli il tuo veterinario, presta sempre attenzione alla sua formazione.

In tutti i casi inoltre il bagaglio di conoscenze in campo omeopatico non dovrebbe basarsi solo su un corso di formazione a distanza su internet di due settimane, ma dovrebbe anche prevedere una formazione approfondita e di lungo corso.

In molti paesi i veterinari possono usufruire di un’istruzione approfondita in questo campo e rivolgersi a loro è meglio che farsi prescrivere miscele già pronte.

Tieni però presente che i veterinari devono sempre essere il primo punto di riferimento per te e il tuo animale domestico in caso di patologie.

Non possiamo rispondere alla domanda su quanto la critica all’omeopatia sia giustificata o meno.

Forse Samuel Hahnemann direbbe ancora oggi: chi guarisce ha ragione.

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